Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro.
Siate affamati, siate folli, perché solo coloro che sono abbastanza folli
da pensare di poter cambiare il mondo lo cambiano davvero.
Steve Jobs
Il Jolly è impazzito! Lo dicevamo un tempo quando qualcuno cominciava a dare i numeri. Ecco, non vorrei che dopo questo articolo si finisse per dirlo anche di me. Il fatto è che da quasi vent’anni cerco di mettere in testa ai padroni del vapore che forse sarebbe il caso di cominciare a pensare un po’ seriamente a quello che potrebbe succedere alla Spezia se davvero – e sottolineo “se” – come da fine ‘900 vanno predicando gli scienziati di tutto il mondo, a causa dei cambiamenti climatici entro questo secolo il mare sarà più alto di un metro, forse qualcosa di meno, o forse qualcosa (tanto) di più. In ogni caso, la città finirebbe a mollo in modo permanente.
Non lo dico io, lo afferma l’Enea (ma basterebbe leggersi i rapporti periodici dell’Intergovernmental Panel on Climate Change): “Il fenomeno dell’innalzamento riguarda praticamente tutte le regioni italiane bagnate dal mare per un totale di 40 aree costiere a rischio inondazione”. Tra queste… “La Spezia in Liguria”.
Ebbene, se succedesse?
Cosa si potrebbe fare per evitare il disastro?
Io butto lì un’idea…
Quando il mare si gonfia, e succede spesso dopo alcuni giorni di intensa pioggia, l’acqua dei canali che scorrono sotto la città innesta la marcia indietro e sotto la doppia pressione che grava a valle e a monte sale in superficie ed esce dai tombini inondando il centro storico. Un fenomeno piuttosto frequente, come dimostrano le numerose foto che popolano pubblicazioni varie e pagine del web. Frequente, ma momentaneo. Poi il livello del mare cala e tutto torna come prima, con qualche danno per i negozianti e qualche loro comprensibile moccolo. Non so se avete notato che alcuni commercianti di Corso Cavour hanno già sistemato delle paratie all’ingresso delle loro botteghe.
Le proiezioni di Ipcc ed Enea raccontano però un’altra storia: quella situazione – il mare alto – sarebbe permanente, per cui l’intera città resterebbe perennemente sott’acqua, un palmo e forse più, con tendenza a salire, naturalmente, perché la giostra è ormai partita e indietro non si torna.
Ma non solo la città andrebbe sott’acqua. Tutte le spiagge sparirebbero, e con esse il turismo balneare. Pensate a Marinella, Venere Azzurra, San Terenzo, Monterosso, Bonassola, Deiva!
Inoltre, il cuneo salino, che oggi dalla foce del Magra risale fino a pochi chilometri dai pozzi Acam di Fornola, spinto dalla pressione del mare in crescita risalirebbe ancora raggiungendo forse i pozzi, con il risultato che trecentomila persone resterebbero senza acqua potabile (se non si sarà corsi per tempo ai ripari scavando altri pozzi in zona più sicura). Inoltre, l’acqua salmastra si infiltrerebbe nei terreni della valle del Magra inaridendo la oggi fertilissima campagna.
E il porto? E l’arsenale? E i cantieri? E i paesi del golfo oggi a un palmo dalla superficie del mare (vedi Le Grazie, Fezzano, Cadimare)?
E allora, quale potrebbe essere la soluzione più idonea per salvare il salvabile?
Io non ne vedo altre che quella immaginata qui sopra, nel rudimentale abbozzo di cartina (A proposito, se qualcuno me ne facesse una decente che cogliesse l’idea sarei felice di sostituire questo obbrobrio).
Si tratterebbe di chiudere il golfo con una diga più foranea dell’attuale trasformandolo in un lago – il Lago dei poeti – nel quale il livello del mare sarebbe pari a quello attuale (più basso pertanto di quello esterno) mantenendo la configurazione esatta del golfo come lo vediamo oggi. Una barriera più piccola sigillerebbe il “lago” al varco di San Pietro di Porto Venere. L’accesso al bacino interno, limitato a imbarcazioni da diporto e a navi di modesto tonnellaggio – da carico e passeggeri (tipo le motonavi di Navigazione Golfo dei poeti) – sarebbe assicurato da un sistema di chiuse, mentre a un complesso di grandi pompe verrebbe demandato il compito di mantenere inalterato il livello del “lago” garantendo anche un adeguato “rimescolamento” dell’acqua dolce riversata dai canali della corona del golfo con quella salsa del mare, di modo che possa essere conservata almeno una parvenza del tradizionale ambiente marino. A tale scopo potrebbe rivelarsi utile, captando e derivando l’acqua di canali e sorgenti, il tunnel costruito negli anni Cinquanta che dai Buggi arriva a Monasteroli.
Di conseguenza dovrebbero trovare diverso utilizzo l’arsenale, il terminal Snam, il porto e i cantieri che lavorano con le grandi navi. E inevitabilmente, nell’ex… golfo cambierebbe tutto. In parole povere ci sarebbe un’intera economia da inventare. E qui, appunto, sarebbe il caso di richiamare alla mente la famosa esortazione di Steve Jobs: “Stay hungry, stay foolish!“.
Insomma, la fantasia al potere!
Una pazzia? Può darsi, ma quale sarebbe l’alternativa?