Garibaldi rapito dagli spezzini

Garibaldi lapideAlle 16,25 del 4 novembre 1867 i reali carabinieri capitanati dal tenente colonnello Deodato Camosso, comandante della Divisione Carabinieri della capitale, che era Firenze, intercettarono Garibaldi, in fuga dopo la sconfitta di Mentana, mentre scendeva dal treno a Figline Valdarno e lo arrestarono. Dopo un tentativo di resistenza passiva il Generale desistette e salì con Camosso su un altro convoglio che subito partì alla volta di Spezia.

Mancava poco alla mezzanotte quando il gruppo giunse alla stazione di Valdellora dove Garibaldi, ricevuto il saluto militare di una compagnia di marinai e quello molto più affettuoso di una moltitudine di per

sone che avevano appreso con sgomento del nuovo arresto e che volevano rendersi conto de visu del suo stato di salute, venne fatto salire su una carrozza per essere condotto al solito pontile all’altezza della rotonda e da qui trasferito con una lancia alla sua nuova forzata residenza: il Varignano. Fu il comandante della Marina a Spezia cavalier Montezzemolo, informato a sua volta pochi minuti prima, a comunicare a Camosso il luogo di detenzione scelto dal ministero della guerra.

Ma tra la folla radunata al lume delle fiaccole, ingrossata da altri che a frotte accorrevano non appena saputa la notizia, qualcuno decise lì per lì di modificare il programma della nottata. La vettura e la scorta di carabinieri, marinai e bersaglieri si erano appena mosse quando numerosi giovani si fecero largo fra i carabinieri e i marinai – che, sorpresissimi, tardarono a capire quel che stava succedendo – sganciarono le tirelle, staccarono i cavalli e, chi alle stanghe, chi alle ruote, com’era tradizione nei riguardi dei personalità importanti, cominciarono a spingere a forza di braccia la carrozza lungo la strada (oggi Via Crispi) che arrivata al camposanto aggirava il colle della Ferrara per condurre verso la rotonda. Tutto pareva andare comunque liscio, sembrava che quello dovesse essere solo un omaggio degli spezzini al Generale com’era d’uso al tempo, senonché, arrivato il corteo all’altezza dell’Hotel Croce di Malta, i giovani svoltarono all’improvviso a destra spingendo la carrozza all’interno del cortile dell’albergo, che si apriva allora sul versante a mare, invitando poi Garibaldi ad accomodarsi per trascorrere lì la notte.

“Stasera il generale resta con noi. Domattina sarà di nuovo a vostra disposizione”. Questo il perentorio messaggio degli spezzini alle allibite autorità. Seguirono momenti di forte tensione che di sicuro coinvolsero anche il sindaco Giò Batta Carrani Massa, ma fu bravo il sottoprefetto Paolo Gerenzani a stemperare gli animi accedendo alla richiesta della folla, il che gli valse da un lato il plauso del consiglio comunale della Spezia, e dall’altro lato la reprimenda delle autorità di governo che gli imputavano di non avere eseguito l’ordine di far condurre senza indugi il detenuto al Varignano. Per punizione, l’intelligente funzionario fu trasferito ad altra sede e sostituito con Luigi Mastricola.

Diversa la sorte di Camosso, che pure si era adeguato alla linea di Gerenzani. Accontentandosi della promessa che la mattina dopo sarebbero partiti all’alba, aveva accondisceso alla richiesta di Garibaldi, reduce dalla battaglia di Mentana, sfinito dopo tre notti insonni, di pernottare al Croce di Malta per riposare un po’.  Sembra trasparente la strumentalità della preghiera del Generale e della remissività di Camosso: Garibaldi, al quale non si poteva dire di no, confessando di essere molto stanco aveva offerto al colonnello il modo di evitare di scontrarsi con la folla alquanto eccitata degli spezzini e di causare quindi gravi disordini, evento che data la notorietà dei personaggi avrebbe senz’altro avuto grande risonanza sulla stampa internazionale.

L'arresto di Garibaldi alla stazione di Figline Valdarno. Un carabiniere sviene per l'emozione. Così ricostruì e descrisse la scena il grande disegnatore napoletano Fortunino Matania

L’arresto di Garibaldi alla stazione di Figline Valdarno. Un carabiniere sviene per l’emozione. Così ricostruì e descrisse la scena il grande disegnatore napoletano Fortunino Matania

Per il suo accorto comportamento l’ufficiale riscosse gli elogi del governo arrivati con questa lettera, datata 2 dicembre 1867, firmata da Luigi Federico Menabrea: «Il Ministro dell’Interno avendo informato il Consiglio dei ministri del modo lodevole con cui Ella aveva disimpegnato la difficile e delicata missione di condurre e custodire al Varignano il generale Garibaldi, mi rendo interprete dei miei colleghi col porgere a V.S. i più sinceri complimenti per aver Ella saputo alla precisa osservanza della legge unire la fermezza coi riguardi dovuti alla personalità del Generale».

L’episodio è riassunto in una epigrafe su lastra di marmo affissa alla facciata dell’antico Croce di Malta: «Qui prigioniero dopo Mentana giunse, ma libero per volere di popolo sostò, Giuseppe Garibaldi».

La mattina seguente, come promesso, Garibaldi fu riconsegnato ai carabinieri e tradotto al Varignano dove approdò alle 8,20 «senza il menomo inconveniente», precisò Camosso, e dove rimase ventuno giorni, alloggiato nella stessa camera che già aveva occupato, ferito e prigioniero del re, nell’autunno del ’62.

(Tratto da Gino Ragnetti, Ottocento, Accademia lunigianese di scienze G.Capellini)

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