Non so dire quando mister Wallace B.Conant, un americano, capitò a Spezia, né so dire quando compose la poesia riportata qui sotto; non so dire, cioè, se prima o dopo la costruzione dell’arsenale. Ma è un fatto che da quei versi traspare comunque un’autentica passione divampata improvvisa al cospetto del golfo. La poesia, liberamente tradotta, e con l’inevitabile sacrificio delle rime, è stata pubblicata nel numero di dicembre del 1898 dalla rivista dell’Università di Pennsylvania (Stati Uniti).
Ecco quel canto d’amore per la nostra città.
Spezia
Oh Spezia, bella Spezia
dentro di me il mio cuore si rallegra
quando vedo la luce del sole spuntare
dalle marmoree colline di Carrara
Oh Spezia, bella Spezia!
Le barche dalle vele blu bordeggiano
per ricevere altri baci dall’acqua,
la città è ancora addormentata.
Sui tuoi piedi rocciosi, o Spezia,
le acque azzurre s’infrangono
e onde gioiose vi saltano su
e schiumanti vortici sguazzano
O uliveti di Spezia!
Il grido degli uomini è lì
e i boschetti carichi sono odorosi
con i limoni e le pere.
Bella Spezia, bella Spezia!
La furtiva foschia scende giù
le cime della montagna arrossiscono
le valli sono in profonda oscurità.
Poi Spezia, tenera Spezia,
fanciulle brune, con signorile grazia
portano acqua in vasi di terracotta
dal pozzo alla piazza del mercato.
Nel persistente bagliore, bella Spezia,
venendo qui, come meriggiando,
raggi di porpora rubati
vengono sparsi dall’ovest verso casa.
Wallace B.Conant